I sake invecchiati, o koshu, così definiti se superano i tre anni di invecchiamento in sakagura, costituiscono oggi una piccola fetta della produzione nazionale di sake, ma sono in costante crescita.
Kenbishi Zuisho viene prodotto con junmai ottenuto al 100% da Yamadanishiki di Hyogo che viene fatto invecchiare dai cinque ai quindici anni, grazie all'esperienza lunga cinque secoli della cantina Kenbishi, la sakagura più antica del Giappone.
La sakagura
Masataka Shirakashi, kuramoto, spiega che, essendo Kenbishi una cantina molto vecchia, la gente tende a pensare che il loro unico obiettivo sia quello di produrre rigorosamente a mano e con tecniche antiche un sake dal gusto tradizionale, mentre in realtà non è propriamente così. Lo scopo principale è, infatti, quello di mantenere intatto nel tempo il sapore unico di Kenbishi, e tutto parte da qui, non dalla volontà di mantenere intatta la tradizione delle tecniche di produzione. Quindi, è vero che nella produzione di questo nihonshu ci sono molte operazioni che devono essere eseguite a mano in modo tradizionale, ma semplicemente perché il gusto deve essere sempre quello del primo sake uscito dalla sakagura.
Riso
Oggi, come in passato, la giornata di un kurabito della sakagura Kenbishi inizia con la cottura a vapore del riso. La vaporiera in legno viene accesa intorno alle 2 del mattino e il riso viene cotto lentamente per circa due ore.
Viene utilizzata ancora una vaporiera di questo tipo perché il legno assorbe l'acqua in eccesso, andando così a stabilizzare la cottura. Se venissero utilizzate le moderne vaporiere in alluminio o in acciaio, il risultato finale non sarebbe lo stesso, necessario e fondamentale per Kenbishi.
Tuttavia, essendo diminuita la richiesta di questo tipo di prodotti, è diminuito anche il numero di artigiani in grado di produrli, ed è per questo che Kenbishi nel 2002 ha acquistato ben sei vaporiere in legno per tenerle come scorta. Nel 2017, inoltre, percependo l’urgenza di rimpiazzare il lavoro degli artigiani mancanti, hanno fondato internamente una fabbrica per la lavorazione del legno, in modo da produrre in autonomia gli utensili necessari, compresa la vaporiera.
Koji e Shubo
Per produrre un buon sake è essenziale preparare un ottimo shubo 酒母 (madre del sake, starter) e, anche se il metodo Sokujo, messo a punto nel 1910 e utilizzato per ottenere rapidamente lo shubo aggiungendo acido lattico in modo artificiale, è diventato il più comune, alla sakagura Kenbishi si continua a utilizzare il metodo tradizionale Yamahai, in cui il lievito viene coltivato lasciando che i batteri dell’acido lattico si propaghino in modo naturale. Questi ultimi producono una varietà di componenti diverse dall’acido lattico stesso che danno vita a uno shubo ricco, aromatico e dal gusto più profondo rispetto allo shubo del metodo Sokujo.
Altra cosa fondamentale e imprescindibile nella produzione dei sake Kenbishi è l’utilizzo del lievito “kura-tsuki", ossia il lievito sviluppatosi all’interno della sakagura. Naturalmente, questa scelta comporta dei rischi e complica il processo, ma è inevitabile per preservare intatto il gusto originale.
Inoltre, nella preparazione dello shubo, vengono utilizzati dakidaru (botti calde) in legno di cedro, anch’essi parte di quel tipo di attrezzatura che sta sempre più scomparendo dal mondo delle sakagura. I dakidaru sono dei contenitori riempiti di acqua fredda o calda, in base alla necessità, che vengono inseriti all’interno della tanica dello shubo e movimentati tramite la maniglia presente nella parte superiore, per alzare o abbassare la temperatura del composto. Queste variazioni di temperatura, che vanno a “stressare” i lieviti, fanno sì che solo quelli più attivi sopravvivano e proseguano il loro viaggio nel moromi. Attualmente è comune usare dakidaru in acciaio, anziché in legno, o ancora di più ricorrere ai riscaldatori elettrici. Tuttavia, il gusto del Kenbishi sarebbe sicuramente diverso se non venisse prodotto con i dakidaru, che conducono e rilasciano il calore in modo graduale.
In questa sakagura la preparazione dello shubo richiede, infatti, da tre a quattro volte il tempo solitamente necessario, proprio perché la temperatura viene regolata tramite i dakidaru e il lievito è costretto a lavorare a lungo e molto lentamente (nella foto il dakidaru di Kenbishi).
Food Pairing
Colore dorato, bouquet complesso e strutturato, al palato può essere paragonato a uno sherry o a un passito. Il metodo di produzione tradizionale Yamahai gli conferisce un gusto morbido ma persistente.
Ottimo in abbinamento a carni dai gusti importanti, come la selvaggina, si accompagna bene anche con funghi, tartufo, cioccolato o frutta secca.
Da consumare non troppo freddo, quindi dai 12-15° in su, e da provare anche riscaldato.
Noi vi proponiamo di gustarlo con una grigliata di salmone, black cod e capesante in marinatura di miso bianco, un piatto a base di pesci grassi e molto gustosi marinati con miso bianco leggermente dolce, in cui il sapore profondo di un koshu come Kenbishi Zuisho esalta ancora di più l'umami di questo piatto.
- Filetti di salmone e/o di pesci grassi come black cod, capesante
- Tsukemono a piacere
Marinatura:
- Miso Bianco 100g
- Zucchero grezzo 50g
- Sake 50ml
Mettere il miso bianco, lo zucchero e il sake in un sacchetto richiudibile ermeticamente oppure in un contenitore e mescolare bene.
Inserirvi poi i pesci scelti e lasciar marinare almeno per una notte (al massimo tre giorni).
Al termine della marinatura, accendere la griglia e cucinare il pesce, facendo attenzione perché tende a bruciarsi facilmente.
Servire con tsukemono a piacere.