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  • 2 min lettura

    Analisi gustativa di Enoteca Kodama, Roma

    Oggi vi presentiamo un sake davvero unico, prodotto con un riso sviluppato dai ricercatori della prefettura di Yamagata con l’obiettivo di produrre una nuova grande alternativa locale al famoso Yamadanishiki.

    Il riso in questione è lo Yukimegami, particolarmente indicato per produrre junmai daiginjo, così come i suoi colleghi di Yamagata sono particolarmente adatti a produrre junmai ginjo (il Dewasansan) e junmai (il Dewanosato).

    Ma, come se non bastasse, l’unicità di questo sake la fa anche la scelta dei lieviti, il 16.1 (3/4 del totale), indicato per produrre ginjo-ka, ma non eccessivamente aromatico, e il Ka (1/4 del totale), tipico lievito da junmai di Yamagata, che ha lo scopo di rinforzare l’azione del 16.1, che altrimenti risulterebbe troppo debole.

    Note di degustazione: 

    Sake caratterizzato da un attacco dall’alcolicità particolarmente esposta, forse a causa del seimaibuai davvero eccezionale del 40%. 

    Una volta che il naso si abitua, tuttavia, emergono interessanti note fruttate, che si spingono oltre le classiche banana e pesca gialla, passando per frutta più aspra come limone e lime, per arrivare nel campo del vegetale con la radice di liquirizia; il tutto tenuto insieme da una generale idea di cremosità, che suggerisce un ricordo dolciario di marshmallow verso la fine dell’olfazione. 

    Riprendendo il calice dopo qualche minuto, emerge una parte di grande freschezza vegetale, quasi balsamica, che ci fa pensare al sedano croccante e alla menta, e anche una sorprendente parte umami di cereali. 

    Il sorso è molto piacevole e glicerico al suo ingresso, ma ben presto si scopre nella sua natura astringente e quasi piccante, davvero insolita per un sake di questa tipologia.

    Ed è proprio su questa sua particolare personalità che vogliamo insistere, perché appare chiaro che ci troviamo di fronte a un sake imprevedibile, dalla doppia natura, così come doppia è la natura dei suoi lieviti. Un junmai daiginjo che cede un po’ della complessità aromatica, tipica della tipologia, a favore di una maggiore struttura e presenza umami, che lo rende sicuramente più gastronomico e più avvincente per il bevitore più esigente, per cui la grande finezza aromatica non costituisce da sola motivo di preferenza.

    Va segnalato anche un finale molto interessante con note di cereali, miele e croccante di mandorle e nocciole, accompagnato da una lunga scia sapida.