Il sake è un fermentato, come il vino, ma la sua produzione prevede un passaggio in più perché il suo ingrediente principale, il riso, non contiene naturalmente gli zuccheri necessari alla fermentazione.
Partendo da questo presupposto, è facile capire perché il koji (麴) sia un elemento fondamentale nella produzione del sake, essendo quello che rende possibile la saccarificazione dell’amido presente nel riso; senza di lui non sarebbe possibile ottenere gli zuccheri semplici necessari per la fermentazione.
Se per il vino, infatti, partiamo da un ingrediente di base come l’uva, naturalmente ricca di fruttosio, per quanto riguarda il sake abbiamo a disposizione solamente l’amido del riso. Immaginiamolo come una lunga catena di zuccheri che il lievito non può “digerire” direttamente. Il koji interviene proprio scomponendo la catena di amido e andando a creare zuccheri semplici.
Questo fungo è presente nelle piante in generale, ma soprattutto nelle piante di riso; una volta che la pianta si secca, il koji kin viene impiantato sul riso stesso, isolato e allevato.
Esistono tre tipi di koji:
Koji giallo: chiamato Aspergillus oryzae e utilizzato per sake, salsa di soia e miso
Koji bianco: usato per lo shochu (distillato giapponese di orzo, patate dolci o riso)
Koji nero: usato per l’Awamori (distillato di riso prodotto esclusivamente a Okinawa)
Il koji giallo è stato scelto per la produzione del sake perché produce enzimi molto forti per la saccarificazione dell’amido, dà un sapore ricco, gradevole e fruttato e non rilascia colore.
La koji-muro e la nascita del kojimai
Il riso destinato a diventare kojimai, una volta sbollentato a vapore, viene portato in una stanza in legno di cedro costruita appositamente per la lavorazione del riso koji, chiamata koji-muro (麴室), e raffreddato. Il koji viene poi cosparso sopra al riso e le spore iniziano a germinare e a diffondere i filamenti.
Dal momento che il fungo koji è più attivo a una temperatura di circa 36 gradi e cessa la sua attività sopra i 45 gradi, il processo viene costantemente monitorato per mantenere la temperatura necessaria e un’umidità tra il 50% e l’80%.
Il riso rimane nella koji-muro per 48 ore, tempo necessario per ottenere il riso koji, detto kojimai (麴米).
L’intero processo può essere così suddiviso:
Hikikomi 引き込み
Il riso viene portato nella koji-muro
Tokomomi 床もみ
Le spore di koji vengono cosparse sul riso
Kirikaeshi 切り返し
Il kojimai viene lavorato con le mani in modo da sciogliere eventuali grumi e mescolarlo
Mori 盛り
Il kojimai viene raccolto in piccoli contenitori, per poter controllare più facilmente la temperatura.
Nakashigoto 仲仕事
Il kojimai viene allargato per uniformare la temperatura.
Shimaishigoto 仕舞仕事
Il riso viene allargato nuovamente, questa volta per creare delle “fosse” e degli avvallamenti che favoriscono l’evaporazione dell’acqua.
Dekoji 出麴
Una volta che il kojimai è pronto, viene spostato dalla koji-muro in un luogo più fresco, in modo da bloccare l’attività della muffa.
Souhaze e Tsukihaze
La modalità in cui la muffa koji si propaga, ossia la forma in cui le spore di koji germinano e crescono e le ife (i filamenti che formano il micelio) diventano visibili, chiamata haze (破精), è classificata in due tipi, ognuno finalizzato all’ottenimento di un determinato tipo di sake: Souhaze-gata (総破精型), in cui le spore sono cosparse sull’intero chicco e la crescita è profonda verso l’interno ma estesa anche sulla superficie del chicco, e Tsukihaze-gata (突き破精型), in cui le spore sono cosparse solo su alcune parti del chicco, a macchie. In questo caso, anche se ci sono aree della superficie del chicco in cui non ci sono spore, queste ultime crescono comunque verso l’interno del chicco, la zona dove c’è l’amido.
Possiamo dire che, in generale, la forma souhaze porta alla produzione di sake corposi, mentre la tsukihaze porta alla creazione di sake più leggeri, rotondi e fragranti, e viene solitamente usata per i sake ginjo.
Alla fine di questo processo avremo quindi ottenuto il riso koji contenente gli zuccheri semplici necessari alla fermentazione, e saremo pronti per proseguire con la creazione dello shubo (酒母), lo starter della fermentazione, chiamato “madre del sake”.
Clicca qui per leggere anche l’articolo su shubo e moromi!